(Foto di Brett Hondow da Pixabay)
La cronaca è ormai dominata da episodi di violenza agìta da giovani e giovanissimi con l’uso di armi.
Al contempo si allarga la diffusione di ogni tipo di droga senza limiti di target di ceto o di età e questo connubio (armi+droga) è tanto devastante quanto pervasivo, tanto che vi è un nesso di causa-effetto sull’azione violenta compiuta dai giovani ed uno stretto rapporto di interesse economico tra i due aspetti fenomenici.
Quali sono, allora, le strategie necessarie per arrestare tutto questo? È la domanda che si pone Francesco Provinciali nel suo ultimo contributo dal titolo Droga e armi alimentano la violenza giovanile, pubblicato sul Il Domani d’Italia il 5 luglio 2023.
Egli osserva, infatti, che non c’è più tempo da perdere, perché non è difficile immaginare come l’influenza di interessi commerciali ed industriali agisca, di fatto, anche sulle trame narrative di questi fenomeni comportamentali, dove il prossimo è visto sempre come antagonista, nemico da battere o addirittura da eliminare.
A suo parere, quindi, occorre effettuare un forte recupero del senso di responsabilità collettiva e che qualcuno abbia il coraggio di spezzare queste spirali perverse, ricominciando a parlare di senso del dovere, di rispetto, di dignità, di cultura come strumenti di emancipazione sociale e di crescita e formazione individuale, ripristinando il concetto del “limite invalicabile”.
Per contrastare la violenza minorile bisogna scoprirla e intercettarla alle origini e intervenire con tempestività. L’esperienza giudiziaria insegna che gran parte dei minori che esplicitano comportamenti aggressivi assistono direttamente a violenze in famiglia.
Questo è un compito che deve passare attraverso la scuola come principale “agenzia” di educazione alla pace, a cominciare dai rapporti “con” e “tra” gli alunni e dalle relazioni con le famiglie. Una scuola che sappia risolutamente indicare modelli educativi che portino al bene comune, al rispetto del prossimo, alla tolleranza, alla legalità dovrebbe impostare – accanto al compito della trasmissione dei saperi e alla sollecitazione verso la cultura come fattore generativo di crescita intellettiva, cognitiva e comportamentale – una solida educazione sentimentale.
È necessario, aggiunge, far leva sul controllo e sul corretto indirizzo dell’emotività, sull’uso del pensiero critico, sull’abitudine alla riflessione come premessa di ogni azione o comportamento, specie in ambito relazionale.
Per questo, occorre istruzione e poi ancora istruzione, educazione, scuola pubblica come investimento a favore delle giovani generazioni, garanzia del diritto allo studio, uguaglianza delle opportunità di partenza e compensazione delle difficoltà in itinere, percorsi formativi individualizzati per favorire la massimizzazione delle potenzialità di ciascuno, affinché vengano rimosse le cause di rischio educativo e di disagio scolastico.
Crescere in cultura per un Paese significa sviluppare la potenzialità insite in ciascun individuo, non lasciare che nessuno si perda per strada o ne imbocchi una sbagliata, mettere la persona al centro dei propri interessi, emancipare i valori del confronto, della condivisione e della solidarietà.
Queste – conclude l’Autore – sono le armi pacifiche con cui combattere e auspicabilmente sconfiggere i mali dell’emarginazione, della solitudine, della povertà materiale e spirituale, della violenza che affliggono gli adolescenti del nostro tempo, siano essi vittime o purtroppo – sempre più spesso – carnefici.
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