Adolescenze – Rivista Transdisciplinare –
Fascicolo 01
Registrazione presso il Tribunale di Milano al n. 52 del 27 aprile 2023.
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4 Novembre 2024Minori e adolescenti migranti (per guerre e pandemie) tra diritti e salute mentale
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«Mi capitò che il piccolo principe avendo camminato a lungo attraverso le sabbie, le rocce e le nevi, scoperse alla fine una strada. E tutte le strade portavano verso gli uomini»
Saint-Exupéry A., Il piccolo principe, Bompiani, Milano, 1949, cap. XX
Abstract Italiano
La riflessione si propone di fornire un quadro dell’attuale condizione giuridica dei minori stranieri in Italia attraverso il racconto di casi e con un approccio interdisciplinare che si interroga sia sull’avanzamento dei loro diritti sia sul grado di benessere psicologico raggiunto.
Abstract English
The reflection aims to provide a picture of the current legal status of foreign minors in Italy through the recounting of cases and with an interdisciplinary approach that questions both the advancement of their rights and the degree of psychological well-being achieved.
Abstract Français
La reflexión pretende ofrecer una imagen de la situación jurídica actual de los menores extranjeros en Italia a través del relato de casos y con un enfoque interdisciplinar que cuestiona tanto el avance de sus derechos como el grado de bienestar psicológico alcanzado.
Abstract Español
La réflexion vise à donner une image du statut juridique actuel des mineurs étrangers en Italie à travers le récit de cas et avec une approche interdisciplinaire qui questionne à la fois l’avancement de leurs droits et le degré de bien-être psychologique atteint.
SOMMARIO:
1. Una premessa – 2. I minori stranieri non accompagnati – 3. I minori stranieri presenti in Italia con uno o entrambi i genitori (o altri familiari) o in attesa di essere ricongiunti – 4. I contributi di Giusi Sellitto, neuropsichiatra, e di Eugenia Campanella, psicologa
1. Una premessa
La presente riflessione è il frutto di un dialogo tra chi scrive, avvocato e cultore del diritto degli stranieri, con Giusi Sellitto, neuropsichiatra, ed Eugenia Campanella, psicologa e dottoranda presso l’Università Milano Bicocca. Entrambe hanno accettato di condividere con il giurista esperienze e riflessioni, offrendo a chi si accosta al tema dei minori stranieri uno sguardo più profondo.
Un tale sguardo è sempre più necessario per la comprensione di soggetti caratterizzati da molteplici fragilità, a partire dal fatto di essere contemporaneamente sia minori sia stranieri.
La consuetudine ad approfondire il diritto minorile in chiave interdisciplinare la devo alla collega di studio Benedetta Colombo, scomparsa prematuramente nel settembre del 2020, alla cui memoria mi si consenta di dedicare la presente riflessione[1].
La questione dei minori migranti si inserisce nel più ampio contesto delle migrazioni contemporanee, le cui politiche – sia in ambito europeo che a livello nazionale – sono contrassegnate da incessanti “allarmi sicurezza”, agitati dal populismo xenofobo, invece che da un approccio razionale che tenga in debito conto della connotazione ampiamente strutturale del fenomeno migratorio.
Ai nostri giorni la crisi nella gestione del fenomeno si fa più evidente sulle frontiere esterne dell’Unione europea, in un affannoso e confuso tentativo di trattenere i migranti su quei confini (per stabilire chi ha diritto di accesso e chi no) o di delocalizzarne identificazione, controllo e respingimento addirittura prima, in Paesi collocati fuori dal territorio europeo[2].
Questa profonda crisi travolge naturalmente anche i minori stranieri, i più vulnerabili nelle migrazioni[3].
Anche per i minori già residenti o comunque presenti nei territori dei Paesi membri della Ue la situazione è piuttosto problematica.
La maggioranza dei minori migranti in Italia è composta da bambini, bambine, ragazzi e ragazze, giunti direttamente con uno o entrambi i genitori o, successivamente, attraverso le procedure di ricongiungimento familiare.
Ormai molti di loro sono nati in Italia da genitori di origine straniera[4].
Le circostanze che li hanno condotti sin qui, i viaggi che hanno intrapreso, il periodo che hanno passato lontano dai genitori prima di essere a loro ricongiunti, la difficoltà di acquisire la cittadinanza italiana: sono questi alcuni degli elementi che incidono significativamente sulla loro crescita ed integrazione nel contesto di accoglienza e che interpellano gli adulti che hanno a che fare con loro nei vari ambiti della società.
La legislazione nazionale in materia può aumentare o depotenziare in concreto la portata dei diritti di cui dovrebbero tutti godere, minori cittadini o stranieri che siano, in un contesto costituzionale, europeo ed internazionale, che in astratto declama il rispetto dei loro diritti fondamentali e il principio del best interest del minore in ogni procedura che lo vede coinvolto.
La questione nevralgica del riconoscimento della cittadinanza italiana a coloro che sono nati (o arrivati nei primi anni di vita) in Italia è uscita dal dibattito pubblico[5] mentre il clamore mediatico è incentrato sui minori stranieri non accompagnati (MSNA), spesso in fuga da conflitti, povertà o catastrofi ambientali.
Dietro all’acronimo ci sono migliaia di ragazzi giunti nei nostri territori soli, quasi tutti segnati da traumi precoci, molti dei quali patiti durante i durissimi viaggi che li hanno condotti dentro i confini dell’Unione europea.
2. I minori stranieri non accompagnati (MSNA)
I minori stranieri non accompagnati vengono presentati troppo spesso come problema di ordine pubblico[6].
Seguono alcuni casi raccolti da chi scrive.
Ammar[7] è arrivato in Italia dall’Egitto, in fuga dalla povertà e da un regime liberticida. Ha sedici anni quando è partito dalle coste libiche, erano decine i ragazzi soli su quel barcone.
In Sicilia, dove è approdato dopo una rischiosa traversata in mare durata due giorni, è stato accolto in un centro per minori non accompagnati ed ha presentato domanda di protezione internazionale. Ma nell’attesa di essere convocato dalla locale commissione competente per l’esame della sua domanda, impaziente per la lentezza della procedura, è fuggito dal centro ed ha raggiunto Milano, all’avventura e sperando in condizioni migliori. Nell’ultimo periodo la città non riesce a collocare i tanti minori stranieri non accompagnati rintracciati sul suo territorio – causa aumento del loro numero e scarse risorse statali – e così Ammar si è ritrovato, insieme a decine di altri ragazzi provenienti da varie parti del mondo, in una camerata dentro a un dormitorio per senza fissa dimora. Una sera la polizia vi ha fatto irruzione e, insieme ad altri tre giovani, è stato arrestato dopo una frettolosa identificazione in loco da parte della vittima di una tentata rapina del portafoglio perpetrata ai suoi danni nelle vicinanze del dormitorio. Ammar si è sempre dichiarato innocente, ma sono stati necessari sei mesi per dimostrare la sua estraneità al fatto ed essere scarcerato. Uscito dal carcere minorile ha fatto rientro in Sicilia ed ora sta aspettando che si decida della sua domanda di protezione internazionale. Nel frattempo è diventato maggiorenne.
Ibrahim e Musa[8] hanno quindici anni e viaggiano con altri due connazionali verso Ventimiglia. Li incontro per caso su un affollato treno regionale, sono saliti a Genova. Hanno un sacchetto di plastica con pochi effetti personali e condividono un telefono in quattro. Faccio qualche domanda in inglese e Ibrahim mi racconta che sono scappati dal Sud Sudan a causa della guerra, di avere attraversato il deserto fino in Tunisia e, da lì, di essere riusciti a partire con un barchino fino alle coste italiane. Dopo essere stati identificati dalla polizia hanno intrapreso il viaggio diretti in Francia, dove vive uno zio di Ibrahim che li potrà ospitare. Con altri passeggeri solidali mi preoccupo delle loro condizioni e provo a cercare qualche organizzazione umanitaria a Ventimiglia. Spiego che non sarà facile attraversare il confine italo-francese anche perché la Francia sta aumentando i controlli alla frontiera[9]. I ragazzi hanno già messo in conto che ci vorranno settimane per attraversarlo e che dovranno dormire all’addiaccio.
Ammar, Ibrahim e Musa sono tra le migliaia di giovanissimi che ogni anno lasciano i Paesi d’origine per le più svariate ragioni, spesso spinti dalle famiglie che sperano per loro (e per chi resta) in un futuro migliore, e che approdano sul nostro territorio per stabilirvisi o con il desiderio di raggiungere altri Stati europei[10]. Arrivano dalla rotta balcanica attraverso la frontiera di Trieste, dopo estenuanti viaggi a piedi[11], ma anche dalle rotte mediterranee, su mezzi di fortuna, rischiando la vita in mare[12]. Per molti di loro si tratta di fughe da conflitti, come quello sud sudanese da cui scappano Ibrahim e Musa. Per tali ragioni di frequente avanzano domanda di protezione internazionale ma devono fare i conti con la stringente normativa in materia, specie con la famigerata Convenzione di Dublino, che restringe accoglienza e trattazione della domanda al primo Paese europeo di approdo[13].
La loro condizione giuridica è regolata da importanti fonti sovranazionali, europee e nazionali.
Le principali, oltre alla Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 1989[14], si ravvisano nella direttiva (cosiddetta) accoglienza, recepita dal decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142[15], nel testo unico sull’immigrazione (decreto legislativo 25 luglio 1998 n. 286) e nella legge 7 aprile 2017, n. 47 recante «Disposizioni in materia di misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati» (c.d. Zampa) che ha sistematizzato la disciplina.
I principi generali in materia consistono in un generalizzato ed espresso divieto di respingimento[16] e di espulsione[17] del minore straniero non accompagnato; nel diritto all’accoglienza in apposite strutture[18]; nel diritto di avanzare domanda di protezione internazionale[19]; nel diritto ad un permesso di soggiorno per minore età che a certe condizioni deve potere essere convertito in studio o lavoro al compimento della maggiore età[20].
La legge Zampa del 2017 innova su alcuni altri punti rilevanti.
In primo luogo, essa ridefinisce il complessivo sistema di accoglienza dei MSNA, diminuendo la durata della permanenza nei centri di prima accoglienza a fini identificativi (non più nei c.d. hotspot[21]), prevedendo il loro inserimento nel sistema c.d. SAI (previsto oggi solo per i titolari di protezione internazionale) e non in quello dei c.d. CAS (rivolti ai soli richiedenti asilo adulti)[22].
Circa il tema dell’accertamento dell’età e dell’identificazione del minore viene introdotto un fondamentale approccio multidisciplinare (con presenza anche di mediatori culturali e psicologi)[23] , nonché stabilita una procedura garantista che prevede il ricorso ad esami sociosanitari, su disposizione della Procura presso il Tribunale per i minorenni, solo in caso di fondati dubbi sull’età. Detto esito – che obbligatoriamente deve indicare il margine di errore – deve essere notificato al minore e all’esercente i poteri tutelari al fine di una possibile impugnazione davanti al Tribunale per i minorenni[24].
Nell’interesse del minore si prevede l’istituzione della nuova figura del “tutore volontario”, il cui albo è curato dai Tribunali per i minorenni[25]. Si razionalizzano i permessi di soggiorno: per minore età o per motivi familiari per i minori affidati o sottoposti a tutela[26]. I MSNA in Italia da almeno tre anni e che da due frequentano un progetto di integrazione sociale, al compimento della maggiore età potevano già ottenere la conversione del loro permesso da minore età a studio o lavoro mentre per tutti gli altri – per i quali è prevista la richiesta di un apposito parere al Ministero del lavoro, Direzione immigrazione, ai fini della conversione del titolo – la legge n. 47/2017 semplifica introducendo un’ipotesi di silenzio assenso in caso di mancato rilascio del parere[27]. Si attribuisce al Tribunale per i minorenni l’istituto del rimpatrio assistito[28]; si ribadisce il diritto alla salute e all’istruzione; si introduce una disposizione più chiara sul diritto all’ascolto in tutti i procedimenti amministrativi e giurisdizionali che li riguardano e sul diritto all’assistenza legale[29], nonché la facoltà per le associazioni a tutela di ricorrere ed intervenire in giudizio[30].
Il recente dibattito politico sui minori stranieri non accompagnati si è aggrovigliato sulla questione dell’accertamento dell’età, partendo dall’assunto che vi siano abusi da parte di migranti “sedicenti minorenni” che strumentalizzerebbero le norme poste a tutela di chi è effettivamente minore.
Il decreto legge 5 ottobre 2023, n. 133, convertito con modificazioni nella legge 1 dicembre 2023, n. 176[31], si inscrive nella sequenza dei provvedimenti governativi dell’ultimo anno, i cui tratti salienti – a partire dal c.d. decreto Cutro[32] – vanno tutti nella medesima direzione, ovvero quella di restringere i diritti e le garanzie per i migranti.
La complessa procedura di accertamento dell’età del minore, “giurisdizionalizzata” dalla legge Zampa, viene modificata nel senso di consentire alle forze dell’ordine – in deroga al seppure ribadito approccio multidisciplinare – «in caso di arrivi, multipli e ravvicinati, a seguito di attività di ricerca e soccorso in mare, di rintraccio alla frontiera o nelle zone di transito» di procedere alla verifica dell’età di stranieri individuati nel territorio nazionale, «a seguito di ingresso avvenuto eludendo i controlli di frontiera», disponendo in questi casi «nell’immediatezza lo svolgimento di rilievi antropometrici o di altri accertamenti sanitari o radiografici»[33]. Il suddetto procedimento semplificato – che finirà per svuotare, in molti casi e a discrezione delle forze dell’ordine, la più articolata procedura prevista dalla legge Zampa – riduce anche le garanzie prima vigenti sul punto poiché prevede sì la comunicazione dell’esito dell’accertamento al minore, all’esercente i poteri tutelari (se nominato) e al procuratore presso il Tribunale per i minorenni anche a fini impugnatori, ma con tempistiche e modalità talmente brevi da renderli praticamente ineffettivi.
Anche l’accoglienza degli MSNA viene ridefinita al ribasso, consentendo che essa possa avvenire – sia pure per un periodo di tempo limitato – in strutture condivise con i migranti adulti (fino a 150 giorni per chi ha tra i 16 e i 18 anni; fino a 45 per gli infrasedicenni), con un preoccupante cambio di rotta rispetto al quadro previgente[34] e nel contesto di un generale peggioramento del sistema statale di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale[35]. In ordine all’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, la novella non sembra considerare la portata delle recenti decisioni della Corte europea dei diritti dell’uomo che hanno condannato l’Italia per violazione dell’art. 3 della Cedu (proibizione della tortura e di trattamenti inumani o degradanti) per avere collocato dei minorenni in strutture di accoglienza per adulti tra il 2016-2017 (Darboe e Camara c. Italia del 21 luglio 2022 e M.A. c. Italia del 31 luglio 2023)[36].
Il governo e i media hanno enfatizzato la norma che prevede la facoltà per il giudice in caso di condanna del presunto minore ai sensi dell’art. 495 del codice penale («false dichiarazioni o attestazioni a pubblico ufficiale sulla identità o qualità personali proprie o altrui») di sostituire la pena con l’espulsione[37]. In linea teorica, ciò era già possibile, ai sensi e per gli effetti dell’art. 16, comma 1, t.u.i. (espulsione come sanzione sostitutiva); tuttavia nella pratica la norma si era rivelata di scarsissima applicazione non potendo il giudice procedere a detta sostituzione qualora l’espulsione non fosse immediatamente eseguibile.
Appare più significativa, per le prospettive del minore straniero al compimento della maggiore età, la scelta di reintrodurre la previsione di un parere obbligatorio da parte del ministero del lavoro e delle politiche sociali circa la conversione del permesso di soggiorno da minore età a studio o lavoro. Si riduce, inoltre, la durata del permesso convertito (se convertito) ad un anno.
3. I minori stranieri presenti in Italia con uno o entrambi i genitori (o altri familiari) o in attesa di essere ricongiunti
La maggioranza dei minori stranieri vive in Italia con uno o entrambi i genitori. La gran parte di essi è giunta a seguito delle procedure di ricongiungimento familiare.
Il minore straniero è inespellibile, salvo il diritto di seguire il genitore o l’affidatario espulsi: così recita l’art. 19, comma 2, lettera a), del testo unico immigrazione.
Il minore straniero segue pertanto la condizione giuridica del genitore (la più favorevole dei due se entrambi presenti a diverso titolo) ed ha diritto a un permesso di soggiorno per motivi familiari, anche dopo la maggiore età se è a carico dei familiari[38].
Secondo l’art. 28, comma 3, t.u.i. «in tutti i procedimenti amministrativi e giurisdizionali finalizzati a dare attuazione al diritto all’unità familiare e riguardanti i minori, deve essere preso in considerazione con carattere di priorità il superiore interesse del fanciullo, conformemente a quanto previsto dall’articolo 3, comma 1, della Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176».
Tale importante principio di derivazione sovranazionale, fatto proprio dalla legislazione italiana sull’immigrazione, è nei fatti spesso calpestato a causa della lentezza delle procedure finalizzate a dare attuazione proprio al diritto all’unità familiare.
L’istituto del ricongiungimento familiare, disciplinato dall’art. 29 del t.u.i. e cardine di tutta la materia, sta subendo una fortissima torsione a causa dell’enorme dilatarsi dei tempi del procedimento, sebbene il comma 8 di detta disposizione disponga il rilascio del nulla osta entro novanta giorni dalla richiesta.
Nella realtà succede sempre più spesso che il genitore, residente in Italia, che chiede il ricongiungimento di uno o più figli, possa attendere anche diversi anni prima di concludere la procedura. Ugualmente negativa la situazione di un genitore in Italia con uno o più figli che attende l’altro coniuge per riunire definitivamente la famiglia.
Sebbene oggi la procedura sia completamente telematica, a seguito delle modifiche apportate all’art. 29 t.u.i. dalla legge 13 aprile 2017, n. 46, essa risulta essere sia più difficoltosa per il cittadino straniero (che può accedere al portale del Ministero dell’Interno solo con lo SPID) oltre che più lenta. Si consideri che negli anni il personale degli Sportelli Unici per l’Immigrazione (SUI) presso le prefetture (competenti per la procedura), a fronte della moltiplicazione degli adempimenti amministrativi in materia di immigrazione, è stato drasticamente ridotto[39], così come il ricorso al personale precario a supporto di detti uffici.
Molto complesso è diventato anche il requisito dell’idoneità alloggiativa, da documentare al momento della presentazione della domanda, stante le differenti normative regionali sul punto e le altrettanto differenti prassi comunali. Infatti, sono i comuni a dovere fornire allo straniero detta certificazione, con costi e tempistiche diverse da una località ad un’altra.
Succede così che Ahmed, cittadino egiziano, inoltri la domanda di ricongiungimento familiare in favore del proprio figlio diciassettenne nel settembre 2021. Ahmed ha un solo figlio e desidera ricongiungerlo per garantirgli un futuro migliore in Italia. Per avviare l’iter si fa aiutare da un connazionale che è più esperto di lui a muoversi tra i portali della pubblica amministrazione e SPID.
Nel maggio 2023 lo Sportello Unico Immigrazione di Milano comunica al richiedente un preavviso di rigetto della domanda per carenza documentale pur avendo egli depositato sin dall’invio quanto richiesto dalla legge (essenzialmente la documentazione attestante il possesso del reddito per mantenere il familiare e quella relativa all’alloggio idoneo e adeguato).
Ahmed provvede a integrare la pratica con l’aiuto di un legale che si costituisce nel procedimento attraverso l’invio di una memoria e dei documenti richiesti. L’ufficio competente, tuttavia, richiede tre volte la medesima documentazione, come se la pratica passasse di mano in mano, ripartendo ogni volta da capo, e nel novembre 2023 rappresenta che la menzionata documentazione debba essere caricata telematicamente sul portale del ministero, che purtroppo per motivi tecnici non funziona. Segnalato il malfunzionamento sia al ministero[40] sia all’ufficio territoriale, nessuno risponde e l’iter è fermo.
Il ragazzo, che ha oggi quasi vent’anni[41] e che sta aspettando di ricongiungersi con il padre da più di due, è esasperato.
In casi come quello di Ahmed, a fronte del sostanziale fallimento delle procedure, i ragazzi (e i loro genitori) sono spinti per disperazione a rivolgersi ai trafficanti di persone per l’organizzazione del viaggio verso l’Italia, rischiando la vita ed investendo tutti i risparmi.
I minori già presenti in Italia con genitori irregolari – condizione che può essere originaria (il nucleo ha fatto ingresso irregolarmente) o verificarsi in seguito a causa della perdita del permesso di soggiorno da parte di entrambi, o di uno dei due, stante la precarietà lavorativa o per un precedente penale[42] – hanno diritto ad essere iscritti comunque alla scuola dell’obbligo[43] e alle cure pediatriche di base[44].
Tuttavia, essi sono a rischio di dovere seguire il genitore in caso di espulsione di quest’ultimo (o di subire la rottura dell’unità familiare se solo uno dei due genitori è irregolare e viene colpito da provvedimento di allontanamento) e vivono in una condizione di perenne precarietà.
A tal proposito nel nostro ordinamento esiste una norma di civiltà, l’articolo 31, comma 3, t.u.i., che dà piena attuazione al principio del best interest del minore.
Detta disposizione, in presenza di problematiche di salute o di vulnerabilità nello sviluppo psico-fisico dei minori, consente al genitore irregolare (o a entrambi se irregolari) di rivolgersi al Tribunale per i minorenni al fine di ottenere un’autorizzazione alla permanenza in Italia in deroga a tutte le altre norme del testo unico per un periodo di tempo determinato. La medesima norma consente al Tribunale per i minorenni anche di disporre l’autorizzazione all’ingresso del genitore che si trova nel Paese di origine e sempre nel migliore interesse del minore già presente in Italia.
Inoltre, la norma prevede che detta autorizzazione possa essere concessa in favore anche di un altro familiare irregolarmente soggiornante (ad esempio un fratello maggiorenne, un nonno o uno zio o altro parente) se ciò risponda al migliore interesse del minore.
Tale autorizzazione (alla permanenza o all’ingresso) garantisce l’accesso a un permesso di soggiorno per assistenza minori che consente al familiare di iscriversi al servizio sanitario e di lavorare in regola e che dal 2020, finalmente, può essere convertito in permesso per lavoro[45].
La portata dell’articolo 31 è stata, negli anni, oggetto di una mutevole giurisprudenza di merito, divisa tra interpretazioni estensive e restrittive, ma ormai chiarita dalle pronunce della Corte di Cassazione[46] che, anche a Sezioni Unite, ne ha definito caratteristiche e confini.
Ogni volta che il Tribunale per i minorenni – e a partire dalla fine del 2024 l’istituendo Tribunale per le persone, i minori e le famiglie – viene chiamato a pronunciarsi su un’istanza ex art. 31, dovrà bilanciare attentamente interessi e diritti in gioco, specie quando il genitore o il familiare che ne chiede l’applicazione abbia riportato una o più condanne in sede penale.
È proprio su tali delicati bilanciamenti e sulla necessità che il profilo del genitore o familiare venga attentamente vagliato nell’esclusivo interesse del minore (senza cioè che quest’ultimo soccomba automaticamente a fronte di reali o supposte esigenze di ordine pubblico) che si gioca e si giocherà la complessiva tenuta dell’istituto e la tutela di questa particolare tipologia di minori stranieri, ancora più fragili perché figli o parenti di adulti tacciati di essere soggetti pericolosi.
Agrin è un cittadino albanese con una storia di dipendenza da sostanze che lo ha portato nei primi anni del Duemila a infrangere la legge sugli stupefacenti. Il suo percorso rieducativo è stato esemplare e dopo alcuni anni di detenzione ha avuto accesso all’affidamento terapeutico in comunità dove si è completamente riabilitato. La magistratura di sorveglianza e i servizi per le tossicodipendenze hanno fatto relazioni positive sul suo percorso e una volta terminata la pena nel 2015 egli è rientrato in Albania dove si è sposato ed ha avuto due figli.
A causa di un’ordinanza custodiale relativa a fatti molto risalenti (ed in continuazione con le condanne già scontate), diventata tuttavia definitiva solo nel 2018, egli viene estradato in Italia e, dopo una breve carcerazione, liberato in attesa del giudizio.
Nel frattempo, moglie e figli lo avevano raggiunto per potergli stare vicino. I bambini vengono inseriti prima alla materna e poi iniziano la scuola primaria. Entrambi sono integrati e di fatto non hanno alcun legame con l’Albania, dalla quale sono partiti in tenera età. Agrin e sua moglie Mirela si rivolgono al Tribunale per i minorenni di Milano allegando tutta la complessa situazione e spiegando perché sia pregiudizievole per i bambini un eventuale ritorno in Albania con la sola madre stante l’integrazione scolastica e sociale dei minori ed anche il fatto che il padre non possa essere allontanato perché in attesa di chiudere il suo percorso giudiziario.
Il Tribunale rigetta le loro istanze ritenendo, impropriamente, che il nucleo non sia radicato in Italia e che i numerosi precedenti penali del padre fanno dubitare che il suddetto sia riuscito ad estraniarsi completamente dal tessuto delinquenziale in cui è stato, per lungo tempo, pienamente inserito. Dunque, nessun reale approfondimento del migliore interesse dei minori, ma un appiattimento su risalenti fatti penali che non tiene conto delle pronunce intervenute precedentemente in sede di magistratura di sorveglianza né dell’assenza di un qualsivoglia giudizio di pericolosità sociale concreta ed attuale.
In attesa che la Corte d’appello si pronunci sul caso, i figli di Agrin e Mirela, di cinque e sette anni, crescono in un’incertezza angosciosa circa il futuro della loro famiglia, nell’oscillazione interpretativa da parte delle differenti autorità giudiziarie chiamate a decidere del loro futuro.
La complessità delle vicende che hanno per protagonisti i minori migranti – e che sin qui ho cercato di tratteggiare – interpella continuamente gli operatori del diritto, i quali devono sentire l’urgenza di approntare le tutele più adeguate.
Per questo ho chiesto a due professioniste della salute mentale, una neuropsichiatra ed una psicologa che sta facendo ricerca in ambito educativo, di rispondere ad alcuni quesiti (in corsivo).
4. I contributi di Giusi Sellitto, neuropsichiatra, e di Eugenia Campanella, psicologa
Giusi Sellitto |
D: nella tua esperienza di neuropsichiatra del pubblico mi puoi descrivere alcuni incontri significativi con minori stranieri e che tipo di problematiche peculiari riscontri? Al Beccaria ci sono molti ragazzi di origine straniera e minori stranieri non accompagnati. Quali sono le vulnerabilità di questi giovanissimi reclusi?
Senza dubbio gli incontri più significativi sono quelli avvenuti all’interno dell’Istituto Penale per i Minorenni Cesare Beccaria di Milano, dove svolgo consulenze specialistiche. La presenza di minori stranieri non accompagnati è in aumento. Da un lato non si può generalizzare perché ognuno di loro ha una provenienza, un viaggio, una storia che lo ha definito e spesso traumatizzato. Dall’altro il comune denominatore che avverto quando ho di fronte un minore straniero non accompagnato è lo sforzo di acuire tutti i sensi. C’è bisogno di acuire lo sguardo, oltre che l’ascolto, c’è bisogno di osservarli dai tatuaggi ai tagli che spesso sono lesioni auto inferte.
Frequentemente il motivo che li porta in consulenza è l’aggressività (auto o etero-rivolta), che non di rado rappresenta la prevalente forma di espressione.
Agire (con forza) è, a volte, per loro, la reazione più immediata per chiedere e ottenere ascolto.
È importante distinguere le situazioni in cui la trasgressività e l’aggressività rientrano all’interno di fenomeni dell’acquisizione di un’identità sociale da quelle in cui, all’opposto, esse sono l’espressione di una tendenza antisociale o l’inizio di una carriera delinquenziale.
Sono rari i casi in cui l’aggressività sia conseguente ad una patologia sottostante.
Natura e cultura hanno entrambe la loro influenza nel determinare la propensione dell’adolescente alla trasgressione. Le neuroscienze ormai già da anni confermano che le profonde trasformazioni che avvengono nel cervello dell’adolescente giustificano gli “eccessi” di questo periodo evolutivo. L’esposizione al rischio sembra essere una peculiarità dell’adolescente essendo il circuito della dopamina maggiormente reattivo (Jensen & Nutt, 2015). Il suo cervello è alla costante ricerca di gratificazioni ed esperienze eccitatorie, il cosiddetto sensation seeking (Zuckerman, 2007). Tale spinta si manifesta prevalentemente attraverso l’aumento dell’impulsività e la conseguente difficoltà a introdurre riflessioni sulla propria condotta.
Oltre all’azione della dopamina, in adolescenza si registra un divario tra il sistema limbico – che ha un ruolo chiave nelle reazioni emotive e comportamentali –già maturo, e la corteccia frontale deputata all’autocontrollo, al pensiero sobrio, alla valutazione del rischio, ancora non completamente sviluppata.
Un ulteriore effetto è la presenza di un “pensiero operatorio-digitale” che viene influenzato dagli aspetti contingenti, di carattere più concreto e immediato, a scapito di una ponderazione sul contesto e sulle conseguenze dei comportamenti. Ciò porta a sottovalutare il rischio.
Burt e colleghi (2018) definiscono i disturbi del comportamento in età evolutiva una vera e propria health crisis dei tempi moderni. A sostegno di questa tesi portano dati che confermano la diffusione epidemica di queste difficoltà di comportamento. I soggetti con difficoltà di comportamento sono spesso aggressivi.
Quando parliamo di aggressività, ci riferiamo ad un costrutto ampio che racchiude al suo interno manifestazioni varie e differenti. All’interno del disturbo della condotta (DC) possiamo riscontrare un’adeguata socialità o emozioni prosociali limitate o tratti callous unemotional (CU) identificabili in base a determinati criteri.
La valutazione dell’adolescente antisociale deve tener conto non solo del suo comportamento – che ne costituisce il principale sintomo – e della sua personalità, ma anche delle intenzioni più o meno consapevoli. La patologia, infatti non è necessariamente dentro l’individuo, ma nella relazione tra l’adolescente e il suo ambiente e nel rapporto tra scopi (ad esempio l’autonomia) e i mezzi per realizzarli (per esempio lo spaccio).
Le aree di valutazione riguardano non solo l’atteggiamento dell’adolescente rispetto al danno provocato alla vittima ma anche i tratti di personalità, l’umore, l’affettività, l’ansia, la presenza di comportamenti a rischio, l’assunzione di sostanze, la presenza di traumi, il percorso scolastico o lavorativo, la relazione con i pari, le relazioni con l’altro sesso, il rapporto con il proprio corpo, il futuro, la disponibilità al trattamento.
Come neuropsichiatra la fatica maggiore che avverto con i minori stranieri non accompagnati è l’assenza di una raccolta anamnestica familiare e fisiologica, cioè della storia del paziente: nessuno che possa riferire per lui, descrivere il suo funzionamento pregresso, il suo umore, il suo comportamento, la sua socialità.
Un minore non dovrebbe mai essere “non accompagnato”, è contro natura.
Per noi medici, si sa, l’anamnesi è fondamentale nella definizione del funzionamento dell’individuo e non avere informazione e dati la rende ancora più complessa.
Ho ancora nella mente l’immagine di C., ragazzo di origine egiziana, dalla corporatura esile, ma con una forza e una rabbia che insieme gli davano una carica esplosiva. All’interno dell’IPM ha distrutto ogni cosa, fino a riuscire a spaccare una porta blindata. Nelle prime fasi, era difficile, anche per gli psicologi e gli educatori più empatici, stabilire con lui un dialogo; mostrava un’importante agitazione psicomotoria che ha necessitato anche di un ricovero. Per molti era considerato un “paziente psichiatrico”
La sovrapposizione tra violenza e malattia psichiatrica rappresenta un grosso rischio, con la conseguente aspettativa che la cura possa essere esclusivamente medica e la presa in carico prettamente sanitaria. La violenza (l’aggressività) non è una diagnosi.
La violenza è un comportamento.
È necessaria un’adeguata valutazione, una rigorosa e un’accurata quantificazione.
È sempre più frequente la tendenza a medicalizzare e nello specifico a psichiatrizzare molte forme di disagio e devianza sociale. Eppure, la rabbia, così come l’aggressività, sono intrinseche all’essere umano. Una delle maggiori criticità, forse la principale, è proprio la frequente medicalizzazione/psichiatrizzazione di fenomeni di devianza e l’ignorare che può esserci violenza senza necessariamente una patologia sottostante.
Sappiamo, come precedentemente accennato, che in età adolescenziale c’è una prevalenza dell’azione sul pensiero. Nei minori stranieri, spesso, quell’azione diventa aggressività e violenza; un’aggressività che – senza avere la pretesa di generalizzare – i minori stranieri, spesso hanno a loro volta subito. Fanno così perché hanno appreso così, sanno fare così, non in altro modo.
Quando nel minore predomina l’aggressività, la gestione anche in IPM, per forza di cose, è maggiormente complessa; la violenza determina paura in alcuni operatori e atteggiamento difensivo in altri; è un circolo vizioso. C’è bisogno di tempo e di numerosi interventi affinché possa essere non solo interrotto, ma soprattutto invertito il circolo. È doveroso e di nostra competenza, rileggere le storie dei minori che incontriamo alla luce dei cambiamenti e delle trasformazioni attuali, e come operatori del settore minorile, è opportuno trovare il giusto equilibrio tra esigenza punitiva, di responsabilizzazione ed educativa.
È necessario che i minori possano rielaborare e comprendere il proprio agito, stimolando un’analisi critica e i nessi causali tra gli avvenimenti.
Credo che una delle principali vulnerabilità sia una limitata riflessività a favore di una crescente impulsività.
L’impulsività, a sua volta, è sempre più di frequente esacerbata da un ulteriore fenomeno in crescita – oltre all’utilizzo di sostanze (in primis la cannabis) – dal “misuso” di psicofarmaci, le cosiddette New Psychoactive Substances, sostanze sintetiche che mimano gli effetti di altre sostanze più note.
D: che riflessioni ti suscita il tema del rapporto tra giuristi e professionisti della salute mentale? Nella tua esperienza ci sono stati scambi proficui o problematicità con legali/avvocati?
Premetto che credo fortemente nell’approccio multidisciplinare e nel lavoro in sinergia tra giuristi e professionisti della salute mentale e ritengo che ciò sia cruciale per affrontare le questioni legali legate alla salute mentale. La collaborazione può contribuire ad una comprensione più approfondita ed è in grado di assicurare una giustizia più equa.
Nella mia esperienza di clinico, fatta eccezione per le perizie, in cui la collaborazione è costante, i rapporti con i legali sono rari e quasi eccezionali.
Se penso ai minori visitati all’IPM Beccaria di Milano, il confronto con i rispettivi legali è stato più l’eccezione che la regola.
Non credo ci siano ragioni profonde e/o insormontabili che possano motivare questa scarsità di scambi; dal mio punto di vista è solo la conseguenza di un approccio troppo spesso individualistico e la mancanza della necessità di un confronto e quindi di uno sguardo multidisciplinare.
Eppure, rendere tale approccio multidisciplinare alla prassi, potrebbe facilitare la creazione di soluzioni personalizzate che tengano conto non solo del benessere mentale dei minori ma anche ovviamente nel contesto giuridico.
Segnalo, in uno dei rari casi in cui mi è capitato di confrontarmi con un avvocato su un minore detenuto, quanto ciò sia stato particolarmente proficuo ai fini della consulenza, sia per avermi fornito elementi che hanno contribuito a farmi comprendere al meglio alcune dinamiche familiari del giovane, sia per avermi permesso di approfondire altri aspetti relativi al suo comportamento, definendone il funzionamento psichico.
Eugenia Campanella |
D: da psicologa che lavora molto nella formazione cosa hai riscontrato di peculiare dell’esperienza di bambini e adolescenti stranieri? Cosa andrebbe fatto nella scuola per supportarli?
Mi permetto di unire queste due domande per fare una riflessione più ampia.
Quando si parla di scuola, specialmente rispetto alle tematiche relative a neurodiversità, disabilità e migrazioni, sarebbe interessante introdurre il tema della coralità e delle co-narrazioni, coinvolgendo tutti i soggetti che lavorano a stretto contatto con i ragazzi e le ragazze. Sono, infatti, diverse le persone e i ruoli che abitano la scuola: alunni, docenti, famiglie e tutte le altre realtà che gravitano intorno al contesto scolastico, compresi i professionisti della salute, anche mentale.
L’intervento con i minori stranieri è spesso accompagnato dalla richiesta di concentrarsi sul minore e sulle sue difficoltà, quando invece sono tutte le figure intorno ai ragazzi a doversi attivare per capire come rendere il percorso di apprendimento più agile e sereno.
La scuola è allo stesso tempo una, l’istituzione scolastica pubblica, e tante, cioè tutte le realtà scolastiche con le loro peculiarità, punti di forza e di debolezza.
Questa duplice identità, rende spesso complesso affrontare le difficoltà e i bisogni senza scadere in banalizzazioni o interventi superficiali, ma riuscendo a portare avanti progetti che vengano percepiti come utili dalla comunità tutta, valorizzando anche le differenze territoriali.
Anche se da qualche tempo si parla molto di “intersezionalità” come costrutto che dovrebbe portarci a vedere la vita come frutto dell’intersezione di esperienze e difficoltà, spesso davanti all’emergenza si rischia di dare una risposta immediata senza strutturare interventi successivi, anche in ottica preventiva.
Il rischio, infatti, è quello di concentrarsi esclusivamente sugli interventi per gli studenti stranieri senza andare ad agire sul contesto di operatori (docenti, docenti di sostegno, psicologi) che lavorano a stretto contatto con i ragazzi e le ragazze stesse.
Focalizzandomi sulla prospettiva della salute mentale, ritengo che sia centrale ribadire l’importanza di una formazione orientata all’etnopsichiatria e, in generale, che fornisca agli operatori un approccio critico e autocritico, che permetta di leggere i bisogni di studenti e studentesse con cittadinanza non italiana, valorizzandone un’esperienza culturale e familiare che invece, senza una formazione adeguata, rischia di essere interpretata con una lente prettamente eurocentrica e patologizzante.
In questo senso è fondamentale il ruolo della mediazione culturale e di tutte quelle figure che a scuola e nella stanza di terapia agevolano la comunicazione e permettono agli operatori stessi di educarsi alle modalità di intervento in contesti multiculturali.
È un dovere dei professionisti e delle professioniste della salute mentale adeguare strumenti e tecniche tipiche della professione al contesto socioculturale di riferimento e all’esperienza di migrazione vissuta da un minore che arriva in Italia con una storia culturale e familiare caratterizzata da una pluralità di linguaggi, che siano culturali, psichici ed emotivi.
Lo psicologo non è scevro da condizionamenti culturali che possono avere un impatto anche sul processo di diagnosi e cura: per questo motivo è fondamentale ribadire l’importanza di una formazione continua e di una rete interprofessionale e interdisciplinare di supporto.
Assumere questa prospettiva significa affermare che, nel momento storico da noi attraversato, è fortemente necessario riappropriarsi del significato politico del lavoro psicologico e sociale, anche per mettere in luce come le difficoltà che alcuni minori stranieri manifestano nel contesto scolastico possano nascere ed esacerbarsi per cause esterne. Le discriminazioni, personali e familiari, così come una non sufficiente preparazione del personale scolastico e sanitario possono infatti avere delle importanti ripercussioni sulla vicenda scolastica di un minore straniero. L’esperienza della migrazione stessa deve avere spazio all’interno della strutturazione di percorsi di supporto per il minore straniero che mostra difficoltà a scuola.
Senza una prospettiva comunitaria l’intervento davanti alle difficoltà spesso si limita alle problematiche di apprendimento, quando, invece, l’aspetto emotivo e psicologico deve essere inserito in un contesto più ampio che tenga conto anche di quello che accade dentro e fuori la comunità scolastica. In questo senso, i rapporti con i pari e la percezione di essere accolti e compresi dalla comunità in cui si vive meritano un approfondimento. Per questo motivo è impensabile strutturare interventi che vengano percepiti come calati dall’alto e non co-costruiti con la comunità scolastica di riferimento. La territorialità deve ritornare a essere centrale sia nella comunicazione fra scuola e altre istituzioni (in primo luogo gli ambulatori territoriali di neuropsichiatria infantile) sia nella costruzione di interventi che rispecchino non solo i bisogni ma anche i desideri di chi vive la scuola.
In chiusura mi permetto una nota che si aggancia alla riflessione sull’importanza politica del lavoro di insegnamento e cura: oltre il 70% dei minori con cittadinanza non italiana sono italiani di nascita e non di diritto[47]. Questo dato e il mancato riconoscimento di una parte della comunità scolastica da parte dello Stato in cui questi ragazzi e ragazze crescono ha un impatto significativo sulla loro vita e sulla loro esperienza scolastica.
Nessun intervento psicologico può curare, da solo, le esperienze di discriminazione che un minore con cittadinanza non italiana vive sulla sua pelle.
Riconoscerle e avere il coraggio di evidenziare gli effetti delle politiche dello Stato italiano significa ribadire che la salute mentale non è solo una questione individuale, ma profondamente politica e comunitaria. Concentrarsi esclusivamente sull’esperienza individuale è un atto miope che ignora il contesto in cui germogliano diseguaglianze e ingiustizie che possono soltanto inasprire problematiche di apprendimento, emotive e psicologiche, dei minori stranieri in Italia.
D.: nella tua esperienza con la Brigata Basaglia – mi spieghi anche di che esperienza si tratta – ci sono storie che riguardano minori e famiglie migranti che hai incontrato, specie durante la pandemia, e che ti sembrano significative da raccontare?
La Brigata Basaglia è un gruppo informale nato durante l’esperienza pandemica ed è al momento attivo territorialmente a Milano, Firenze e Pavia, ma ha un centralino con un numero unico per tutta Italia. Il gruppo è formato da psicologhe, psicoterapeute, operatori della salute mentale, ma sono attivi anche studenti, laureati in psicologia che hanno professionalmente perseguito altre strade e professionisti che lavorano in altri campi.
Questo aspetto è fondamentale e fondante della nostra esperienza: non è solo la clinica, la stanza di terapia, che cura, ma la salute mentale è una questione che ci riguarda come comunità tutta, non solo come specialisti. In questi anni ci siamo occupati di salute mentale comunitaria in molti dei suoi aspetti, dall’emergenza pandemica alle diseguaglianze nell’accesso alla psicoterapia, passando anche dalla scuola e dalle carceri e da diverse esperienze di lotta e resistenza dentro e fuori il territorio italiano.
Per quanto concerne i minori e le famiglie migranti, quello che è emerso dal lavoro di questi anni deve essere un monito e un richiamo collettivo all’inadeguatezza delle istituzioni davanti alle difficoltà psicologiche delle persone, adulti e minori.
L’approccio che vede l’intervento come individuale non riesce assolutamente a fare fronte alla stratificazione di difficoltà e discriminazioni vissute quotidianamente da persone che non sono riconosciute come cittadine italiane. Come si può parlare di salute mentale davanti alle estenuanti pratiche burocratiche a cui sono soggetti ragazzi con cittadinanza non italiana? E ancora: come possiamo pensare di non considerare gli effetti sulla psiche delle persone migranti di politiche sempre più violente e criminalizzanti dell’esperienza migratoria?
Il definanziamento della sanità pubblica[48] ha, inoltre, un effetto devastante sulla salute mentale e si va a innestare su un contesto di precarietà economica, abitativa e di diritti che colpisce ancora più profondamente quella fascia di popolazione già marginalizzata. Anche in questo caso, la chiamata ai professionisti è, prima di tutto, una chiamata ad una presa di coscienza e responsabilità rispetto al ruolo che esercitiamo e al dovere di lottare per una salute mentale che sia realmente accessibile e capillare, oltre che capace di riconoscere l’effetto delle storture della società sulle persone e il loro equilibrio psichico.
Riappropriarsi di una narrazione che riprende riflessioni di Franco Basaglia – e di tutte le persone che hanno lavorato con lui, a partire da sua moglie, Franca Ongaro – è il primo passo per riconoscere che anche se il manicomio come istituzione non esiste più, pratiche coercitive e violente sussistono ancora in molti luoghi che abitiamo. Il primo e più rilevante esempio sono i CPR, luoghi di estrema violenza e violazione dei diritti umani, ma anche le carceri – per adulti e minori – mostrano le crepe di un sistema che non riesce non solo a “curare”, ma nemmeno a prevenire e accogliere.
La storia individuale delle persone e delle famiglie che incontriamo confluisce in una storia più grande fatta di un continuo ripetersi di ingiustizie e fratture che possono essere sanate soltanto con – citando Basaglia – «l’ottimismo di pratiche»che uniscano clinica ma anche rivendicazioni politiche.
Solo provando a costruire interventi e reti fra professionisti, associazioni e utenti si può dimostrare che altre strade sono possibili e che il nostro dovere non è soltanto curare le persone ma curarci come comunità, affrontando alla radice gli effetti della società delle diseguaglianze.
Bibliografia
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- ASGI, Due decisioni del Consiglio di Stato francese in tema di respingimenti alla frontiera e diritto d’asilo, 29 marzo 2021 (https://medea.asgi.it/due-decisioni-del-consiglio-di-stato-francese-in-tema-di-respingimenti-alla-frontiera-e-diritto-dasilo/)
- ASGI, L’analisi giuridica del Protocollo Italia – Albania, 22 novembre 2023 (https://www.asgi.it/notizie/albania-italia-protocollo-analisi-giuridica/)
- ASGI, Un’altra idea di cittadinanza. Note sulla riforma della disciplina della cittadinanza, aprile 2022 (https://www.asgi.it/wp-content/uploads/2022/04/2022_Cittadinanza2.pdf)
- Biasutti M., Concina E., Frate S., Working in the classroom with migrant and refugee students: the practices and needs of Italian primary and middle school teachers, Pedagogy, Culture & Society, 2020, 28:1, 113-129. DOI: 10.1080/14681366.2019.1611626
- Caritas Migrantes, XXIII Rapporto Immigrazione, 2023 (https://www.caritas.it/wp-content/uploads/sites/2/2023/10/Rapporto-Immigrazione-2023-Sintesi.pdf)
- Consiglio d’Europa e European Union Agency for Fundamental Rights (FRA), Children in migration: fundamental rights at European borders, 2023 (https://edoc.coe.int/fr/droits-des-enfants/11766-children-in-migration-fundamental-rights-at-european-borders.html)
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- Di Pasquale E., Tronchin C., Riforma della cittadinanza: provaci ancora, Italia, in Lavoce.info, 1 luglio 2022 (https://lavoce.info/archives/96007/riforma-della-cittadinanza-provaci-ancora-italia/)
- Ferrara C., Gennaro A., L’odissea dei migranti minorenni: vittime, ma fatti passare per criminali e maggiorenni, 18 dicembre 2023 (https://www.editorialedomani.it/fatti/lodissea-dei-migranti-minorenni-vittime-ma-fatti-passare-per-criminali-e-maggiorenni-o4isspoi)
- Foot J., La “Repubblica dei Matti”: Franco Basaglia e la psichiatria radicale in Italia, 1961-1978, Feltrinelli Editore, 2014
- Maggia C., Relazione al 41° Congresso AIMFF del 25 novembre 2023 (https://www.minoriefamiglia.org/images/allegati/RELAZIONE_CONVEGNO_AIMMF.pdf)
- Melting Pot Europa,Cosa resta della prima accoglienza dopo il Decreto Cutro?, 17 maggio 2023 (https://www.meltingpot.org/2023/05/cosa-resta-della-prima-accoglienza-dopo-il-decreto-cutro/)
- Ongaro F. (a cura di), Morire di Classe, Il Saggiatore, 2024
- Oddi P., Brambilla A., Bove C., Difendere i migranti, proteggere i diritti – pt. 1, in Diritto penale e Uomo, 2, 2021 (https://dirittopenaleuomo.org/interviste/difendere-i-migranti-proteggere-i-diritti-pt-1/)
- Santagati M., Bertozzi R., Rethinking interculturalism, deconstructing discrimination in Italian schools. International Migration, 2024, 00, 1–24. https://doi.org/10.1111/imig.13175
- XXVII Rapporto ISMU sulle migrazioni, 2022 (https://www.ismu.org/xxviii-rapporto-sulle-migrazioni-2022-comunicato-stampa-1-3-2023/)
- Zorzella N., La riforma 2023 della protezione speciale: eterogenesi dei fini?, in Questione Giustizia, 19 settembre 2023 (https://www.questionegiustizia.it/articolo/la-riforma-2023-della-protezione-speciale-eterogenesi-dei-fini)
Giurisprudenza
- Cass. pen., S.U., 25 ottobre 2010, n. 21799/2010
- Cass. pen., S.U., 25 ottobre 2010, n. 21803/2010
- Cass. pen., S.U., 12 giugno 2019, n. 15750/2019
- Corte di Giustizia Ue, sezione IV, causa C-143/22, 21 settembre 2023 (https://www.eius.it/giurisprudenza/2023/495)
- Corte europea dei diritti dell’uomo, Darboe e Camara c. Italia, 21 luglio 2022
- Corte europea dei diritti dell’uomo, M.A. c. Italia, 31 luglio 2023
>>> Per scaricare il fascicolo 1 della Rivista, pubblicato il 1 settembre 2024, clicca qui.
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note
[1] Benedetta Colombo è stata un’avvocata del foro di Milano, tra le fondatrici della Camera minorile di Milano e per anni membro assai attivo del direttivo. Ha fondato lo Studio Incipit, dove lavorano insieme avvocati, consulenti legali e psicologi. In sua memoria è stata costituita l’Associazione Benedetta Colombo https://associazione.benedettacolombo.it/.
[2] Il 6 novembre 2023 è stata annunciata dal governo la firma di un protocollo d’intesa tra Italia e Albania in materia di gestione dei flussi migratori, il quale prevede la realizzazione in Albania di due strutture per le procedure di frontiera e di rimpatrio dei migranti. Sul contenuto di questo protocollo e su una prima analisi giuridica si veda l’analisi dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (ASGI) https://www.asgi.it/notizie/albania-italia-protocollo-analisi-giuridica/. È del 13 dicembre 2023 la notizia che la Corte costituzionale di Tirana ha sospeso le procedure per la ratifica dell’accordo. La sentenza dovrebbe arrivare in tre mesi.
[3] Si v. il recente rapporto del Consiglio d’Europa e della European Union Agency for Fundamental Rights (FRA) dal titolo Children in migration: fundamental rights at European borders (2023) https://edoc.coe.int/fr/droits-des-enfants/11766-children-in-migration-fundamental-rights-at-european-borders.html.
[4] Per dati aggiornati consultare il XXIII Rapporto Immigrazione 2023 di Caritas Migrantes https://www.caritas.it/wp-content/uploads/sites/2/2023/10/Rapporto-Immigrazione-2023-Sintesi.pdf e il XXVII Rapporto ISMU sulle migrazioni 2022 https://www.ismu.org/xxviii-rapporto-sulle-migrazioni-2022-comunicato-stampa-1-3-2023/.
[5] La normativa di riferimento in materia di cittadinanza è la legge 5 febbraio 1992, n. 91, basata essenzialmente sul principio dello jure sanguinis. Da più parti si chiede che alla luce della composizione della società italiana contemporanea si introducano temperamenti attraverso criteri basati sullo jus soli o sullo jus culturae, che valorizzino la nascita in Italia e/o la frequentazione in Italia di un ciclo di studi. Nel 2011 l’associazione “Rete G2 – Seconde Generazioni” con altre realtà della società civile promuoveva nel 150° anniversario dell’unità d’Italia la campagna “L’Italia sono anch’io” attraverso una proposta di legge d’iniziativa popolare (si v. https://www.secondegenerazioni.it/italia-sono-anchio/). Alla fine della scorsa legislatura si è tornati a discutere in Parlamento di ius scholae ma nessuna riforma è ad oggi stata approvata. Per un resoconto dettagliato sull’ultima proposta e dei precedenti tentativi si v. https://lavoce.info/archives/96007/riforma-della-cittadinanza-provaci-ancora-italia/. Si v. anche le Note sulla riforma della disciplina sulla cittadinanza dell’ASGI https://www.asgi.it/wp-content/uploads/2022/04/2022_Cittadinanza2.pdf.
[6] I media hanno rilanciato i decreti governativi accreditando l’idea che esisterebbe in Italia un fenomeno di “falsi minori”. Tuttavia, nessuno studio scientifico né alcun dato attendibile è mai stato fornito in tal senso.
Si v. https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2023/09/26/decreto-migranti-stretta-su-espulsioni-e-minori-via-chi-mente-sulleta_5583ebf9-3a23-4f39-af06-1117d166f784.html. Al contrario, si legga https://www.editorialedomani.it/fatti/lodissea-dei-migranti-minorenni-vittime-ma-fatti-passare-per-criminali-e-maggiorenni-o4isspoi.
[7] Nome di fantasia.
[8] Nomi di fantasia.
[9] Periodicamente alcuni paesi della Ue, tra i quali spesso la Francia, adottano sospensioni temporanee degli accordi di Schengen, allo scopo di impedire i c.d. movimenti secondari dei migranti, adottando misure di respingimento anche dei minori stranieri non accompagnati. Proprio nel settembre 2023, mentre i quattro ragazzi del Sud Sudan erano diretti in Francia, venivano nuovamente adottate dette misure dal governo francese https://www.lastampa.it/cronaca/2023/09/19/news/migranti_la_francia_schiera_droni_e_mezzi_antiterrorismo_al_confine_di_ventimiglia_lira_del_sindaco_cosi_leuropa_e_mor-13344186/. È del 21 settembre 2023 la sentenza della Corte di Giustizia Ue che condanna la Francia per i respingimenti illegittimi alla frontiera di Ventimiglia, ritenendo che anche in questi casi debba applicarsi la direttiva rimpatri 115/2008 (qui il testo https://www.eius.it/giurisprudenza/2023/495). Il Consiglio di Stato francese si era già espresso criticamente sul punto, si v. https://medea.asgi.it/due-decisioni-del-consiglio-di-stato-francese-in-tema-di-respingimenti-alla-frontiera-e-diritto-dasilo/.
[10] Si parla in tali casi di movimenti secondari di persone, da un Paese della Ue verso un altro
[11] La rotta balcanica viene percorsa a piedi per mesi da migranti provenienti specialmente dall’Asia. A Trieste da molti anni l’associazione “Linea d’ombra” cura chi riesce ad oltrepassare tutte le frontiere fino ad arrivare in Italia(si v. https://ciaconlus.org/it/news/eventi/dettaglio-evento/mani-che-curano-incontro-con-lorena-fornasir-e-gian-andrea-franchi). Sui respingimenti a catena mi si permetta di segnalare una mia intervista alle avvocate dell’ASGI che hanno ottenuto un’importante pronuncia dal Tribunale di Roma (https://dirittopenaleuomo.org/interviste/difendere-i-migranti-proteggere-i-diritti-pt-1/).
[12] L’ultimo film di Matteo Garrone, Io capitano, racconta magistralmente il viaggio di due adolescenti dal Senegal alle coste europee.
[13] Convenzione sulla determinazione dello Stato competente per l’esame di una domanda di asilo presentata in uno degli Stati della comunità europea, firmata a Dublino il 15 giugno 1990. Viene sostituita dal regolamento Dublino II (2013), superato dal regolamento Dublino III del giugno 2013 (il testo qui https://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2013:180:0031:0059:IT:PDF).
[14] Stipulata a New York il 20 novembre 1989 (qui il testo https://www.savethechildren.it/sites/default/files/files/Convenzione_ONU_20_novembre_1989.pdf).
[15] Direttiva 2013/33/UE, recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale e d.lgs. 142/2015 di attuazione della predetta e della direttiva 2013/32/UE recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale.
[16] Art. 19, c.1 bis t.u.i., introdotto dall’art.3 della l. 47/2017.
[17] Art. 31, c. 4 t.u.i. come modificato dall’art. 3 della l. 47/2017.
[18] Cfr. tra gli altri, l’art. 4 l. 47/2017 che modifica l’art. 19 del d.lgs. 142/2015.
[19] Art. 18 l. 47/2017 «Minori richiedenti protezione internazionale».
[20] Art. 13 l. 47/2017 «Misure di accompagnamento verso la maggiore età e misure di integrazione di lungo periodo».
[21] È l’Agenda europea sulla migrazione del 13 maggio 2015 che introduce il c.d. approccio hotspot, cioè la predisposizione di centri sulle frontiere esterne dell’Unione in cui si deve procedere a registrare i dati personali dei cittadini stranieri appena sbarcati o comunque giunti ai confini europei. Detta identificazione, da effettuarsi attraverso il rilevamento delle impronte digitali e il fotosegnalamento, è finalizzata a distinguere coloro che presentano domanda di protezione internazionale dai migranti c.d. economici. I richiedenti protezione rientrano nel sistema comune d’asilo (Dublino) e vengono inseriti nella banca dati Eurodac (si v. https://www.thalesgroup.com/en/markets/digital-identity-and-security/government/customer-cases/eurodac).
[22] Art. 4 l. 47/2017 «Strutture di prima accoglienza e assistenza per i minori stranieri non accompagnati» e art. 12 «Strutture di protezione per richiedenti asilo, rifugiati e minori stranieri non accompagnati».
[23] V. art. 19 bis d.lgs. 142/2015 «Identificazione dei minori stranieri non accompagnati», introdotto dall’art. 5 l. 47/2017.
[24] Cfr. art. 19 bis, c. 9, d.lgs. 142/2015.
[25] Art. 11 l. 47/2017. Sul tema si v. Di Pascale A. e Cuttitta C., La figura del tutore volontario dei minori stranieri non accompagnati nel contesto delle iniziative dell’Unione europea e della nuova normativa italiana, in Diritto Immigrazione e Cittadinanza, 1, 2019 (https://www.dirittoimmigrazionecittadinanza.it/archivio-saggi-commenti/saggi/fascicolo-n-1-2019-1/336-saggio-di-pascale-cuttitta).
[26] Art. 10 l. 47/2017.
[27] Art. 13, c. 1 l. 47/2017.
[28] Art. 8 l. 47/2017.
[29] Artt. 16 e 17 l. 47/2017.
[30] Art. 20 l. 47/2017.
[31] Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 5 ottobre 2023, n. 133, recante «Disposizioni urgenti in materia di immigrazione e protezione internazionale, nonché per il supporto alle politiche di sicurezza e la funzionalità del Ministero dell’interno», qui il testo https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2023/12/04/23G00189/sg.
[32] D.l. 10 marzo 2023, n. 20, convertito con modificazioni nella legge 5 maggio 2023, n. 50, «Disposizioni urgenti in materia di flussi di ingresso legale dei lavoratori stranieri e di prevenzione e contrasto all’immigrazione irregolare». Tale decreto è stato emanato dopo la grave strage avvenuta nei pressi della costa di Steccato di Cutro il 26 febbraio 2023, quando un’imbarcazione proveniente dalla Turchia con a bordo, secondo le testimonianze, circa 180 persone, si è spezzata in due a pochi metri dalla riva. I morti sarebbero almeno 94. Il processo a carico dei presunti trafficanti è in corso davanti al Tribunale di Crotone, così come l’indagine della Procura sulle presunte carenze nella catena di soccorso in occasione del naufragio. Tale decreto contiene una norma particolarmente sfavorevole per i migranti, ovvero la disposizione che cancella dall’ordinamento la c.d. protezione speciale (dall’entrata in vigore del decreto, cioè dal 10 marzo 2023), introdotta nel 2020 dal decreto Lamorgese, in attuazione dell’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo sul rispetto della vita privata e familiare. In base a questa disposizione i migranti che dimostrassero una significativa integrazione in Italia o la presenza di familiari potevano ottenere un permesso di soggiorno per protezione speciale. Poiché il decreto non elimina i riferimenti agli obblighi costituzionali e internazionali dell’Italia sarà la giurisprudenza, negli anni, a chiarire l’effettiva portata di questa abrogazione (sul punto si v. il contributo Zorzella N., La riforma 2023 della protezione speciale: eterogenesi dei fini?, in Questione Giustizia, 19 settembre 2023, https://www.questionegiustizia.it/articolo/la-riforma-2023-della-protezione-speciale-eterogenesi-dei-fini). Sconcertante, a parere di chi scrive, che una tale normativa sia associata alla grave tragedia umanitaria avvenuta a Cutro.
[33] Così dispone l’art. 5, c. 1, lett. a), punto 4 d.l. 133/2023, che sostituisce il comma 3 bis dell’art. 19 d.lgs. 142/2015
[34] Tra le significative prese di posizione si v. la relazione della Presidente della “Associazione Italiana dei Magistrati per i Minorenni e per la Famiglia” (AIMFF), dott.ssa Maggia, al 41° Congresso dell’associazione del 25 novembre 2023 https://www.minoriefamiglia.org/images/allegati/RELAZIONE_CONVEGNO_AIMMF.pdf.
[35] Il decreto-legge 10 marzo 2023, n. 20 recante «Disposizioni urgenti in materia di flussi di ingresso legale dei lavoratori stranieri e di prevenzione e contrasto all’immigrazione irregolare», ridefinisce al ribasso il sistema di accoglienza per i richiedenti asilo, abrogando con l’art. 6 ter («Modifiche alla disciplina sulle modalità di accoglienza») i servizi di assistenza psicologica, l’insegnamento della lingua italiana e di orientamento legale e al territorio (si veda per un inquadramento di tali modifiche https://www.meltingpot.org/2023/05/cosa-resta-della-prima-accoglienza-dopo-il-decreto-cutro/).
[36] Sentenze, peraltro, richiamate anche a pag. 42 del dossier del 29 novembre 2023 del servizio studi di Camera e Senato che accompagna la conversione in legge del d.l. 133/2023.
[37] Art. 5, c. 1, lett. b), n. 1 d.l. 133/2023.
[38] V. art. 30 t.u.i.
[39] Significativo, seppure non riguardante il personale dei SUI ma indicativo del disagio nel settore dell’immigrazione, è lo sciopero indetto lo scorso 9 novembre 2023 dai funzionari delle commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale a seguito delle modifiche alla normativa apportate dal decreto c.d. Cutro.
[40] Dopo l’apertura di un c.d. ticket per l’assistenza, nessun riscontro in tal senso è mai pervenuto nel caso di specie.
[41] Una volta conclusa la procedura egli potrà comunque fare ingresso in Italia poiché rileva la data di presentazione della domanda, ovvero la circostanza che quando il padre ha attivato il ricongiungimento egli era ancora minorenne.
[42] Il requisito del reddito sufficiente è necessario per il mantenimento del permesso di soggiorno, poiché i requisiti richiesti per il suo rilascio devono permanere anche all’atto del rinnovo (cfr. art. 5, c. 4, t.u.i.). La condanna per un reato c.d. ostativo all’ingresso e alla permanenza ex art. 4, c. 3, t.u.i., determina il rifiuto di rinnovo o la revoca del permesso di soggiorno.
[43] Così prevede l’art. art. 45, c. 1, D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394, secondo cui i minori stranieri sono soggetti all’obbligo scolastico gratuito, indipendentemente dalla regolarità delle condizioni del loro soggiorno o di quella dei loro genitori. Ciò significa che i minori stranieri hanno diritto allo studio indipendentemente dal possesso di un permesso soggiorno da parte dei loro genitori.
[44] Si v. https://integrazionemigranti.gov.it/it-it/Altre-info/e/4/o/8/id/11/Il-diritto-alla-salute-dei-minori-stranieri
[45] Il decreto legge 21 ottobre 2020, n. 130 ha inserito all’art. 6 del t.u.i. il comma 1 bis, in base al quale tra i permessi di soggiorno convertibili in lavoro vi è quello per assistenza minori rilasciato ex art. 31, c. 3, t.u.i.
[46] Sentenze Corte di Cassazione, S.U., n. 21799/2010; n. 21803/2010; n. 15750/2019.
[47] Dati ISTAT 2020, su OpenPolis https://www.openpolis.it/linclusione-delle-seconde-generazioni-e-il-ruolo-della-comunita-educante/.
[48] Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica/ archivio delibere CIPE: delibera n. 27 del 3 marzo 2017 (anno 2015); delibera n. 34 del 3 marzo 2017 (anno 2016); delibera n. 117 del 22 dicembre 2017 (anno 2017); delibera n. 72 del 28 novembre 2018 (anno 2018); delibera n. 82 del 20 dicembre 2019 (anno 2019); delibera n. 20 del 14 Maggio 2020 (anno 2020).
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