Partendo dal presupposto che sono quanto mai necessarie maggiori conoscenze sulle conseguenze degli esiti clinici associati all’autolesionismo non suicida (NSSI) e ai tentativi di suicidio (SA) al fine di meglio valutare il rischio e il tipo di intervento praticabile, uno studio di coorte longitudinale basato su 1.855 giovani (J. Bjureberg, R. Kuja-Halkola, A. Ohlis, P. Lichtenstein, B.M. D’Onofrio, C. Hellner, M. Cederlöf, Adverse clinical outcomes among youths with nonsuicidal self-injury and suicide attempts: a longitudinal cohort study, in Journal of Child Psychology and Psychiatry, dicembre, 2021) ha fornito alcune indicazioni interessanti, tra cui il fatto che i giovani con NSSI e/o SA presentano un rischio maggiore di esiti clinici avversi successivi, tanto che tra costoro il rischio di ricovero psichiatrico, correlato anche all’abuso di sostanze psicotrope, è risultato essere particolarmente elevato.
Di conseguenza, a parere dei ricercatori, è opportuno che gli interventi precoci per soggetti di giovane età con NSSI o SA non siano meramente finalizzati alla prevenzione del suicidio ma, piuttosto, al rischio dello strutturarsi di un successivo disturbo da uso di alcol e/o sostanze stupefacenti.
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