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1 Settembre 2024
Massimo Clerici

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Raffaele Bianchetti

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Mauro Croce

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Editors e lettori: un accordo tra pari

Premessa

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Fascicolo 01

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I fatti sono noti?

I “fatti sono noti” era l’incipit di un giornalista italiano famoso che, con questo esordio, voleva forse tracciare il confine mobile, ma fondamentale, di una storia – e della cronaca in genere – con quella che è l’interpretazione dei fatti. Una visione certamente anglosassone vecchio stile, ma non troppo – si potrebbe dire oggi – del giornalismo e, di certo, anche un modello culturale, oltreché metodologico, portante e ineludibile: quello di presentare ciò che vogliamo il lettore legga, comprenda e, possibilmente, faccia proprio. Ma un approccio del genere si applica anche ad una rivista o solo ad un quotidiano?

Siamo convinti, ormai da tempo, che l’informazione abbia sfaccettature diverse e che queste non si limitino all’erogazione – nuda e cruda – della notizia ma che possano essere un elemento conduttore per una buona lettura che amplifica le conoscenze in senso lato. Chiarezza sui fatti dunque, prima di tutto, ma soprattutto chiarezza in relazione a quanto è appunto “noto” rispetto a quanto è analisi, interpretazione, decostruzione e ricostruzione di un pensiero possibilmente condivisibile che apra, inevitabilmente, alla discussione: un pensiero che possa e debba creare “posizioni”, arrivi anche a radicalizzarle ma costituisca sempre un baluardo – in tempi di fake news – alla degenerazione dell’informare costruita progressivamente, soprattutto nell’ultimo decennio, dai social media e dal profondo cambio di linea con la quale si guarda ad un testo, sia esso cartaceo od on-line.

Una battaglia persa in epoca di fake news?

Ma come arrivare ad un accordo tra pari con i lettori nel momento in cui costoro sono stati mitridatizzati dai social ad una lettura “veloce” facilitata, per lo più, da quella memoria fotografica che finalizza l’immagine ed il contenuto allo stesso modo, dando spesso rilevanza alla storia per quello che può rappresentare ad uno sguardo sfuggente che si lega allo scritto solo per pochi minuti e che, inevitabilmente, sceglie l’immagine e/o il video a discapito del testo? È forse una battaglia persa. Sentiamo però la necessità di contaminare contenuti, ospitare autori molto distanti tra loro per estrazione scientifico-disciplinare ed aprire sguardi, linguaggi, riflessioni altrimenti lontani se non addirittura talvolta incompatibili. E questo a maggior ragione in questa epoca non solo di abbondanti fake news ma anche di pericolose compartimentazioni ideologiche, socio-culturali ed anagrafiche. Una sfida che richiede un accordo tra pari per evitare un luogo di sperimentazioni sterili portandola piuttosto a diventare spazio e stimolo per una collettività di lettori non necessariamente omogenea, non selezionata e, per certi versi, anche culturalmente dissintona.

Il perché di una rivista transdisciplinare

Se l’obiettivo di questa rivista è quello di creare una platea di lettori che può essere anche poco sintonica e per nulla “allineata”, è evidente che l’approccio metodologico più adeguato per perseguire il suddetto obiettivo è quello transdisciplinare, dove l’oggetto di indagine è preminente e centrale e dove le lenti disciplinari con cui osservarlo, esaminarlo e comprenderlo diventano secondarie se non persino superflue.

Ecco perché AdoelscenzE non è, e non vuole essere, una rivista di e tra psichiatri, psicologi, criminologi, sociologi, antropologi, pedagogisti, giuristi etc. perché ambisce ad essere effettivamente transdisciplinare, in quanto volenterosa di “esprimersi” all’interno di un segmento culturale aperto, libero, trasversale e senza limiti pre-definiti, andando a costruire uno spazio in qualche modo “aperto” alle suggestioni del lettore e dell’autore che, insieme, si associano in ragione del tema prescelto (l’unica clausola che il Comitato di Direzione si riserva, almeno inizialmente, per la selezione dei lavori). Uno spazio “non chiuso”, “non limitato”, dove si possa avere l’occasione di rilanciare con ulteriori contributi editabili se il tema è ricco ed appetibile o, invece, avere la libertà di chiudere (per il momento) il discorso se il tema si esaurisce o viene travolto da nuovi eventi su cui riflettere ex-novo.

I (non) confini della transdisciplinarietà, infatti, aprono a tutto: non sono dettati dai limiti delle aree disciplinari ma soltanto da quelli della comprensione, della possibilità di ricevere stimoli, possibilmente forti, su tematiche che incontrano l’adolescenza come parte fondante di un interesse – quello della Fondazione Varenna, certo – ma, in particolare, di coloro per i quali l’adolescenza si colloca come parte centrale dell’esistenza umana essendo valore condiviso da tutti, sofferenza di molti e gioia di pochi, ma che apre certamente alla costituzione di un’identità.

Adolescenza, un concetto plurale

Vogliamo dirlo: questo è il target della rivista ma è anche la convinzione, in prima persona, di chi dirige questo esperimento – uno psichiatra, uno psicologo ed un giurista-criminologo – con, a loro volta, esperienze diverse sull’adolescenza ed un unico convincimento comune: che, se si parla di adolescenza, la si deve intendere al plurale e se ne deve intendere e condividere la complessità. Questo può essere fatto soltanto attraverso quella cosiddetta transdisciplinarietà che apre fronti di indagine e di approfondimento continui e interattivi e dove l’elemento unificante non è solo la fascia di età ma un costante bisogno di rimettere in discussione tutto come lo fa, quotidianamente, l’adolescente.

Ne saremo capaci? Lo speriamo… Ad ogni modo l’obiettivo è altrettanto complesso come quello dello sviluppo di un’identità adolescenziale il più possibile armonica. Il costrutto contenutistico che abbiamo voluto darci starà lì nei documenti prodotti e gratuitamente resi fruibili ai lettori così a dimostrare o meno, nel tempo, i risultati ipotizzati.

>>> Per scaricare il fascicolo 1 della Rivista, pubblicato il 1 settembre 2024, clicca qui.

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note

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Adolescenze – Rivista Transdisciplinare
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